LOTTO MARZO

Come ogni anno in tantissime città ci sono state iniziative di piazza per l’otto marzo.
In tante di queste vi è stata una presenza attiva delle anarchiche e degli anarchici.
Di seguito alcuni report e foto. La redazione web

TORINO
Qui il report completo
Numerose le iniziative promosse dal Collettivo Anarcofemminista Wildcat
Domenica 7 marzo

Ruoli in gioco. Rappresentazione De-Genere

Manifestazione antisessista in piazza Carlo Alberto

Interventi, azioni performanti, musica

Bar, borse, toppe, portachiavi e altre favolosità benefit spese legali per lu compagnu della magni*fica occupata, casa delle donne transfemminista queer di Firenze, sgomberata in settembre.

Resoconto e selezione fotografica qui: https://www.facebook.com/Wild.C.A.T.anarcofem/posts/2839466316296676

Lunedì 8 marzo

Giornata di lotta in giro per la città

Raccolte foto e video delle azioni e degli interventi al megafono nei link che potete trovare qui di seguito.

Anarcofemministe di fronte alla sede del movimento per la vita: 

https://www.facebook.com/Wild.C.A.T.anarcofem/posts/2839565636286744

https://fb.watch/47wsXnyDvh/

Anarcofemministe al consolato cileno in memoria di Emilia “Bau” Herrera:

https://www.facebook.com/Wild.C.A.T.anarcofem/posts/2839658219610819

https://fb.watch/47wylD_k-P/

Anarcofemministe di fronte alla sede della RAI:

https://www.facebook.com/Wild.C.A.T.anarcofem/posts/2839735942936380

https://fb.watch/47wCPtlIcg/

Anarcofemministe al mercato di Corso Valdocco e all’Unione Industriale:

https://www.facebook.com/Wild.C.A.T.anarcofem/posts/2839605889616052

https://fb.watch/47vxIL1c6p/

Anarcofemministe al monumento dei bersaglieri in corso Galileo Ferraris:

https://www.facebook.com/Wild.C.A.T.anarcofem/posts/2839693439607297

MILANO
Le compagne e i compagni della Federazione Anarchica Milanese e dell’Ateneo Libertario hanno partecipato con un proprio striscione e bandiere alla manifestazione di Nonunadimeno che ha riempito piazza del Duomo.

TRIESTE
La giornata si è aperta con vari striscioni appesi in vari punti della città. Nel pomeriggio in piazza Unità il presidio organizzato da Nonunadimeno ha raccolto 400 persone. Tantissimi gli interventi al microfono ad una piazza attenta e partecipe. Come ogni anno le compagne e i compagni del Gruppo Anarchico Germinal hanno sostenuto l’iniziativa e partecipato con un proprio banchetto (ottima la diffusione del numero speciale di UN) e con le ormai caratteristiche matrioske rossonere.

REGGIO EMILIA
Riportiamo di seguito il comunicato dell’USI-CIT sul presidio a cui ha partecipato attivamente anche la Federazione Anarchica Reggiana.
Anche quest’anno, tra mille difficoltà, divieti di sciopero e pandemia, siamo riusciti a organizzare questa giornata di mobilitazione dedicata alle lotte delle donne. Non abbiamo ancora i dati della nostra provincia inerenti allo sciopero, ma dobbiamo dire che la nostra iniziativa ha avuto un’ampia pubblicizzazione sulla stampa locale e sui social. L’Unione Sindacale di Reggio Emilia ha fatto suo l’appello di Non Una di Meno per uno sciopero dell’intera giornata contro la violenza
maschile sulle donne e contro il loro sfruttamento nei posti di lavoro. Lo sciopero è la risposta a tutte le forme di violenza che sistematicamente colpiscono la vita delle donne in famiglia, nei posti di lavoro, per strada, negli ospedali, nelle scuole, dentro e fuori i confini.
L’Unione Sindacale Italiana ritiene che la lotta delle donne cammini a fianco della lotta di classe , per contrastare gli attuali equilibri sociali fondati sul patriarcato e sullo sfruttamento imposti dal capitalismo e dallo statalismo, resi ancora più evidenti dalla crisi sociale ed economica attuale. Abbiamo realizzato un presidio in Piazza Casotti al quale hanno partecipato una trentina di compagne e compagni. E’ stato aperto da un esponente dell’Unione Sindacale Italiana che ha dato conto
dell’attività e delle sensibilità del nostro sindacato sulle tematiche di genere. In seguito, è intervenuta Caterina a nome dell’Unione Sindacale Italiana che ha esposto le ragioni della proclamazione di questo sciopero internazionale sottolineando la necessaria emancipazione che non può che passare dal protagonismo delle donne attraverso un progetto di autogestione e liberazione oltre qualsiasi patria e confine. E’ poi intervenuta Paola di Passaparola, scuola d’italiano per stranieri, che ha portato la testimonianza delle donne migranti e della loro condizione disagiata senza alcuna tutela, evidenziando l’obiettivo di eliminare tutte le leggi securitarie che legittimano la violenza sociale sulle donne immigrate e sulle persone LGBTQIA+. Infine, è intervenuta Carla di Non Una di Meno Reggio Emilia che ha ribadito le motivazioni dello sciopero femminista e transfemminista, evidenziando l’importanza delle attività del movimento stesso. Ci siamo poi spostati, verso le 11.30, al presidio di Non Una di Meno in Piazza Prampolini aperto da una compagna di Non Una di Meno che ha dato la parola a Gabriella per la presentazione della mostra “Femminismo tra memoria e militanza (1970- 1990)” che si è inaugurata alle 13:00 al Circolo Anarchico Berneri in via Don Minzoni. Nel pomeriggio è continuato il presidio di Non Una di Meno dove sono intervenute le esponenti del movimento, le studentesse delle scuole e il movimento Extinction Rebellion. Al presidio hanno partecipato un centinaio di compagne e compagni. Non è mancato l’intervento di Viris, compagna dell’USI di Reggio Emilia, che ha ribadito le ragioni del nostro sindacato sulla necessità di costruire, attraverso lo sciopero, una mobilitazione per la difesa degli interessi delle donne, delle sfruttate, delle lavoratrici e delle soggettività non “conformi”. Nel suo intervento Viris ha messo in evidenza l’importanza della presa di posizione in riferimento allo sciopero, nonché della sua proclamazione, da parte dell’USI, a differenza di altri sindacati di base presenti nel nostro territorio. Durante tutta la giornata è stato sottolineato come questo sciopero può essere la base di partenza per la costruzione di nuove mobilitazioni per l’emancipazione delle lavoratrici e, più in generale, di tutte le donne.

Unione Sindacale Italiana – C.I.T.

LIVORNO
Le compagne e i compagni della Federazione Anarchica Livornese e del Collettivo Anarchico Libertario hanno partecipato attivamente al riuscito presidio indetto da Nonunadimeno.

ASTI
Presidio indetto dal Laboratorio autogestito “La Miccia”

 

 

PORDENONE
Le compagne e i compagni di Iniziativa Libertaria hanno affisso quattro striscioni in luoghi simbolo della città rivendicandoli poi con un comunicato che riportiamo:
Non è una festa. L8tt8 tutti i giorni.

L’8 marzo per molt*, tropp* è solo la festa della donna in cui le si regala cioccolatini e mimose mentre radio e televisione ci snocciolano elenchi di donne che “ce l’hanno fatta” magari lamentandosi che sono ancora troppo poche e bla bla blea.

Per noi non è mai stato così. È il giorno del ricordo, di chi “non ce l’ha fatta” di chi è morta per conquistare diritti reali e tangibili, diritto alla vita, alla scelta libera, alla parola, all’aborto ad un lavoro equamente retribuito e svolto in condizioni accettabili, che possa lasciare spazio anche ad una vita quotidiana vissuta anche alla cura, ma equamente distribuita.

Diciamo basta a chi ci vuole madri mogli crocerossine sempre pronte a sacrificarci per gli altri obbligandoci a non vivere noi stesse per quel che siamo. Sempre zitte e buone, candide cenerentole del focolare.

Dei fiori non ce ne facciamo nulla, la nostra è una lotta che dura tutto l’anno e che occupa ogni strada, piazza o quartiere del mondo. È per ricordare a tutte e tutti gli ipocrit* del mondo che abbiamo voluto lasciare uno striscione in alcuni luoghi simbolo. La piazza luogo di ritrovo ma anche di manifestazioni, l’ospedale dove sono sempre più gli obiettori e ahimè le obiettrici, non permettendo a nessuna di fare la propria scelta anzi sentendosi un’assassina, troppo stupida ed egoista per decidere.

Lo striscione a Roveredo in Piano poi ci ricorda l’ultimo femminicidio in ordine di tempo in provincia, ma sopratutto quella più o meno velata giustificazione che si da sempre al femminicida.

In questo caso un “povero” infermiere stressato dal lavoro in terapia intensiva.

Sputiamo tutta la nostra rabbia su quei titoli che certo scrivono che la vittima è stata pugnalata enne volte ma subito dopo precisano che ”Lei voleva lasciarlo”; insinuando un’attenuante.

O quando si tratta di stupro subito si indaga sul comportamento dell’abusata, come se ci fosse sempre un motivo per cui la donna in fondo “se l’è cercata.”

E infine l’ultimo il più importante con lo sfondo dei palazzi delle istituzioni e della chiesa, intimi alleati del patriarcato.

Finché gli uomini e le donne non faranno i conti con esso la nostra lotta non sarà finita.

I nostri corpi ribelli e la nostra voglia di lottare questo è l’essenziale per festeggiare degnamente lotto marzo.

LUGANO
Con rabbia e con amore: Comunicato post non-corteo
Riceviamo e diffondiamo – 12 marzo 2021, Lugano
La mia risposta al razzismo è la rabbia. Ho vissuto con quella rabbia, ignorandola, nutrendola, imparando a usarla prima che mi distorcesse la vista, per gran parte della mia vita. Una volta lo facevo in silenzio, impaurita dal suo peso. La mia paura della rabbia non mi ha insegnato nulla. La tua paura di quella rabbia non insegnerà nulla neanche a te.
(Audre Lorde, Gli usi della rabbia. Le donne rispondono al razzismo)
Quest’anno in molti luoghi i cortei femministi dell’8 marzo sono stati pesantemente attaccati: Zurigo, Ginevra, Barcellona. Ciò nonostante, in tutto il mondo, la portata storica e rivendicativa di questa giornata è sfociata in cortei partecipati e determinati, in azioni di disturbo, scritte sui muri, blocchi stradali, manifestazioni notturne, flash mob e tanto altro ancora. Le pratiche di rivendicazioni femministe non escludenti e antirazziste stanno sempre più diventando elemento di rottura e di decostruzione del sistema eteropatriarcale, maschio e bianco.
A Lugano, lunedì 8 marzo, come CSOA Molino abbiamo chiamato un corteo autodeterminato e ribelle contro patriarcato, razzismo e islamofobia! Poiché – ricordiamo – è proprio nel patriarcato che individuiamo le radici storiche e strutturali delle oppressioni e di ogni forma di discriminazione e razzismo. Una manifestazione chiamata l’8 marzo, anche per riportare contenuti altri rispetto a chi l’ha trasformata in un vuoto giorno di festa e di celebrazioni funzionali al sistema capitalista.
Un corteo, nato inoltre anche in previsione della votazione di domenica 7 marzo, riguardante la dissimulazione del volto. Come sempre non ci interessa entrare nelle logiche istituzionali e nel teatrino delle votazioni, ma abbiamo comunque ritenuto fondamentale mostrare la nostra contrarietà. Perché – per chi non se lo ricorda o non lo vuole ricordare quando si parla a vanvera di “democrazia” – sono proprio le leggi razziali (di cui la legge “anti-burka” potrebbe esserne una versione moderna), il fascismo e il nazismo a essere nate nei democratici parlamenti e nel vuoto e strumentale concetto di legalità. Ma una legge se ingiusta la si contesta. E siamo convinte che le leggi razziste, patriarcali e discriminatorie debbano essere contestate come si vuole, dove si vuole e in qualsiasi modo!
Quella di lunedì è stata una non-manifestazione partecipata e densa di interventi. Un momento di strada iniziato con interventi, slogan, e contenuti ben chiari. Si è parlato di femminicidi, delle doppie pene delle donne migranti, degli effetti dell’eteropatriarcato alle nostre latitudini, di leggi razziste, dei traumi dell’isolamento carcerario, delle esperienze di autodifesa delle donne curde in Rojava e dei femminismi comunitari sparsi per il mondo. Si è parlato di controllo e di sicurezza, di autodifesa e di ribellioni. Un centinaio di persone hanno percorso la non-manifestazione, bloccata in stazione: ragazzx che attraversano il Molino, persone della comunità curda e di varie altre comunità, culture e provenienze, rappresentanti di collettivi di solidarietà con migranti, giovani studentesse e studenti, bambine e bambini.
Se l’idea era quella di un corteo mascherato, comunicativo e determinato per attraversare una delle città più controllate e sorvegliate della svizzera, la sua realizzazione – visto l’ingente dispositivo repressivo messo in piedi dalle autorità (per quanto sbirri e media di regime millantino la manifestazione non autorizzata sia avvenuta) – è stata resa impossibile. Un dispiego di polizia in antisommossa prevedibilmente provocatorio, ha accolto e circondato fin da subito, in una situazione di nervosismo e di incertezza, le attiviste e i solidali partecipanti.
L’intento è apparso da subito assai chiaro e il dispositivo un chiaro monito: oggi nessuna manifestazione -dietro chiaro ordine del Municipio cittadino – sarebbe dovuta svolgersi per le strade di Lugano. E poco importa il grado di risposta delle persone presenti: da quell’accerchiamento nessunx ne sarebbe dovuto uscire indenne. Sia stato esso un controllo d’identità, una perquisizione, una provocazione. Fino ad arrivare all’ennesimo pretesto per attaccare l’esperienza di autogestione del Centro Sociale.
In questo contesto, e dopo più di un’ora di blocco, il tentativo di avviarsi verso l’unico buco lasciato libero dal dispositivo (circa 70 agenti in assetto antisommossa!), non era nient’altro che la voglia di tornare a respirare e di provare a portare per le strade cittadine le rivendicazioni dell’8 marzo. Quella che invece è stata definita – da sbirri e media – come una carica delle manifestanti, sono stati i 5 e più passi necessari verso il cordone di polizia, proprio per uscire dall’accerchiamento. E il cui risultato sono state manganellate, spray al pepe e calcioni vari.
Nella giornata dell’8 di marzo, a Lugano – città dove alcuni anni fa il sindaco leghista Marco Borradori riceveva sorridente l’omaggio floreale dell’imprenditore sessista e machista Philippe Plein – più donne sono state picchiate, toccate, spintonate, allontanate, insultate, sprayate, manganellate, ammanettate da agenti di polizia maschi. E a una giovane ragazza fermata è stato pure strappato il velo (hijab)!
Fino alla farsa finale: le ultime 40 persone vengono accerchiate da 50 sbirri in tenuta antisommossa. La polizia manganello alla mano – dopo essersi visto rifiutato l’ordine “di uscire unx alla volta documento in mano e mani sulla testa” (sic!) – in un vortice di violenza gratuita e vendicativa, si rende operativa con vari blitz di sequestro per prenderci unx alla volta, manganellando pesantemente, pestando, buttando a terra e ammanettando. Con tutto il corollario di insulti denigratori, mani nel naso e calci ben piazzati mentre si è schiacciati a terra, faccia premuta sull’asfalto, da più agenti.
Non ci stupisce certo il trattamento dell’apparato repressivo dello stato, che di fatto ben sappiamo si fonda su controllo e violenza. Così come non ci stupisce l’ennesimo teatrino messo in piedi contro il Molino alla vigilia di ogni campagna elettorale. Tutte scene già viste nel 2012, nel 2016 e nel 2020, sempre trovando qualsiasi scusa per infangare il Molino. Terminate poi le elezioni, silenzio assoluto: finché si sta chiusi dentro le mura dell’ex macello, senza disturbare la città vetrina, tutto fila liscio…
È comunque sempre divertente, quando si vive da protagonistx determinati fatti, leggere e ascoltare narrazioni, opinioni e superficiali analisi di giornalisti e politicanti di ogni partito. Una comicità piuttosto tragica, vista la povertà degli argomenti. E sarà che le bettole sono chiuse, sarà che gli aperitivi non si possono fare, ma i vari interventi somigliano sempre più a chiacchiere da classico “Bar Sport” di provincia,più che a prese di posizione di chi vanta di promuovere versioni imparziali, come i giornalisti, o da chi, da bravo politicante, sfrutta la propria autorità per sputare sentenze a vanvera.
Così le dita ansiose, nervose e tamburellanti sul tavolo di Teleticino, durante la propagandista trasmissione Matrioska, dell’obersturmbannsführer camerata Norman Gobbi, non lasciano troppi dubbi: all’interno delle istituzioni il nervosismo è latente e la voglia di andarci pesante sembra accertata.
Falta lo que falta dicevano gli antichi. Il 2021 saranno 25 anni dal violento sgombero della festa di primavera al parco del Tassino che portò all’occupazione dei Mulini Bernasconi e i 150 anni della Comune di Parigi. Oggi più che mai, con l’aggravarsi dell’oscurità, con i pericolosi ritorni della storia e con un futuro le cui possibilità liberatorie saranno sempre più ridotte, occorre ispirarsi e riprendere quelle esperienze rivoluzionarie, realmente emancipatrici e di rottura volte alla creazioni di altri mondi possibili.
Con determinazione, complicità e tanto amore. Ma – se necessario – anche con sassi e bastoni. Ci si vede per strada. Qui siamo e qui restiamo.

L’assemblea del CSOA il Molino

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